Presidente
Maria Cristina Ercolessi
Relatori
Antonio Pezzano
Isabella Soi
Sara de Simone
Discussant
Nicola Melis
Abstract
L’urbanizzazione in Africa è un fenomeno che ha una sua profondità storica, ma che, negli ultimi decenni, ha avuto un’accelerazione nella crescita, sia demografica che spaziale, in cui risultano evidenti fenomeni quali l’informalità urbana e la mobilità umana. Questa rapida urbanizzazione rappresenta una sfida per i governi che si confrontano con luoghi e società sempre più dinamiche, in cui si mescolano e si creano nuove identità attraverso processi di mediazione e contestazione politica e sociale che influenzano, spesso in modo sostanziale, lo sviluppo dello spazio urbano. Le città africane sono infatti definite e rimodellate dai loro margini; non soltanto quelli spaziali, che definiscono un confine flessibile e contestato, ma anche quelli sociali, composti da una popolazione sempre crescente che aspira a una vita urbana, e quelli politici, rappresentati da una molteplicità di pratiche che Olivier de Sardan (2008) ha chiamato “governance reale”, ben distinta dalla governance formale neoliberale. La governance reale è composta da una molteplicità di dimensioni, tanto convergenti quanto conflittuali, da micro-dinamiche locali e da un pluralismo di modi di azione che rompono l’illusoria univocità nell’azione delle istituzioni di governo locale e danno luogo a politiche ibride e asimmetriche che continuamente coinvolgono, nel loro funzionamento, elementi della marginalità spaziale e sociale caratteristici delle città africane. In questa configurazione complessa e plurale, lo Stato rimane invischiato nella vita quotidiana e produttiva del territorio che dovrebbe regolamentare.
Nella letteratura africanistica, si è spesso ricorso alle categorie generiche dell’“informalità” (Hart 2008) per interpretare queste pratiche e rendere conto della loro natura non marginale né criminale o patologica, ma piuttosto diffusa, rispondente a logiche regolamentate e strutturate. L’attenzione si pone, quindi, sull’agency degli attori non-statali nella negoziazione con lo Stato. Questi attori impiegano una varietà di strategie al fine di ottenere, dall’implementazione delle politiche pubbliche, risultati favorevoli che rispondano ai loro interessi di parte, contribuendo a stabilire una molteplicità di livelli di responsabilizzazione (accountability) dello Stato nei loro confronti. Quest’agency, che emerge soprattutto nei contesti urbani e ai margini negli spazi sociali di esclusione, articola nuove nozioni di cittadinanza attraverso diverse forme di contestazione e mobilitazione in relazioni contingenti con lo Stato, che vanno dalla «tranquilla invasione dell’ordinario» (Bayart 2004) ai movimenti urbani di protesta di massa (Alexander 2010). La cittadinanza, come forma di soggettività che si relaziona al progetto di Stato, viene dunque plasmata da questa governance stratificata e intricata (entangled).
Attraverso contributi interdisciplinari basati su ricerche empiriche e archivistiche (in particolare il Foreign Office e il Colonial Archive di Londra, e il National Archive di Entebbe), il panel si interroga, da un lato, sull’(inter)azione quotidiana dello Stato, nelle sue molte forme, con attori politici e sociali nella costruzione/negoziazione della statualità, della nazionalità e della cittadinanza in contesti caratterizzati spesso da forte mobilità; dall’altro, sulla governance reale con cui si declinano e articolano le nuove nozioni di cittadinanza in spazi urbani più o meno contestati socialmente e/o politicamente, con una particolare attenzione all'informalità urbana.
Stato e cittadinanza nei modi della governance reale nel commercio informale a Johannesburg
Antonio Pezzano
Il paper esplora i modi della governance reale nella formulazione e attuazione delle politiche metropolitane sul commercio informale nella città di Johannesburg, in cui interagiscono una pluralità di attori e pratiche statali e non-statali.
L’ipotesi di fondo è che le autorità municipali di Johannesburg non formano un’entità omogenea e, quindi, nonostante una certa produzione normativa (policy e by-laws), non perseguono una strategia coerente, ma si affidano piuttosto a un bricolage strategico, che combina diverse pratiche e tecniche di governo, creando zone differenziate di sovranità e cittadinanza, in base ai diversi interessi di mercato. Il risultato è una governance asimmetrica funzionale ai processi di neoliberalizzazione delle politiche urbane che producono un’incorporazione selettiva dal basso e dall’alto dei commercianti informali. Da un lato, forme intolleranti di controllo spaziale riproducono continuità storiche di repressione e cooptazione in un riordino coloniale dello spazio; dall’altro, una varietà di interessi e attori emergono sul territorio e si organizzano in nuovi modelli gestionali in un riordino neoliberale dello spazio. In tale contesto, i commercianti informali riescono a riconfigurare spazi urbani, combinando varie strategie relazionali con i diversi livelli di governo e autorità statali, e a creare nuove, seppur embrionali, forme di rivendicazione collettiva dei propri diritti.
Periferie urbane in Uganda: dinamiche locali e integrazione regionale
Isabella Soi
La relazione tra centro e periferie è il risultato della storia dei confini e di come le varie regioni si siano modellate a vicenda. Nel caso dell’Uganda le forze che hanno influenzato lo Stato e i suoi confini, differivano in ciascuna regione, ponendo le basi per una relazione non uniforme con il centro politico (Boone 2003). Nella regione orientale, la creazione del confine è stata influenzata dalla presenza di elementi naturali, ma anche di centri urbani (presenti già in epoca pre-coloniale) come Busia e Malaba. Situate tra il Lago Vittoria e il Monte Elgon, erano luoghi perfetti per lo sviluppo di mercati, punto d’incontro tra pescatori e agricoltori, ma anche tra amministrazioni coloniali differenti. In epoca contemporanea l'importanza di queste città è mutata, anche a causa delle politiche della Comunità dell'Africa orientale. L’obiettivo di questo contributo, basato su fonti d’archivio (britanniche e ugandesi) e interviste, è di contribuire al dibattito su come i margini abbiano modellato il centro (Raeymaekers 2014), quindi, come i confini abbiano influenzato lo sviluppo dello Stato e siano stati usati come risorse (politiche) nelle relazioni regionali, prendendo in considerazione non solo la presenza dello Stato al confine, ma anche il contrario: la presenza del confine nello Stato.
Refugee settlements o città embrionali? Riflessioni sul distretto di Adjumani, Uganda.
Sara de Simone
La letteratura sull'insediamento dei rifugiati in Africa si è articolata in larga parte sulla contrapposizione tra la creazione di campi di rifugiati e il self-settlement in aree urbane, basata sull'idea che la prima opzione provochi esclusione e isolamento mentre la seconda offra maggiori opportunità di integrazione (Kibreab 1999, Malkki 1995, Agier 2002). La realtà è però ben più variegata: soluzioni pensate per essere temporanee sempre più tendono a trasformarsi in insediamenti permanenti che stabiliscono relazioni continuative con l'ambiente circostante, assumendo molte delle caratteristiche sociali, economiche e politiche tipiche delle aree urbane. In quelli che Agier (2002) ha definito campi-città (camps-villes) agiscono molteplici attori locali e internazionali che danno luogo a una governance ibrida in cui le categorie di pubblico e privato, legale e illegale sono difficilmente distinguibili. Se i campi restano spesso principalmente dispositivi di controllo (Jansen 2016), l'Uganda, con la sua politica di accoglienza molto aperta, rappresenta un caso interessante.
Concentrandosi sul distretto di Adjumani (Uganda), storicamente meta di rifugiati sud sudanesi, questo contributo si propone di analizzare alcune delle dinamiche socio-politiche che scaturiscono dall'interazione della governance umanitaria con quella locale e con l'agency degli stessi rifugiati e delle comunità ospitanti e che stanno lentamente trasformando i refugeesettlement in "città accidentali" (Jansen 2011).
Curriculum dei partecipanti
M. Cristina Ercolessi
Dal 1992 professore associato di Storia e istituzioni dell’Africa presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” dove dirige anche il Centro studi sull’Africa contemporanea (CeSAC). Già coordinatore del dottorato di ricerca in Africanistica, è attualmente membro del dottorato “Asia, Africa e Mediterraneo” nella stessa università. È stata direttore della rivista afriche e orienti del cui comitato scientifico continua a fare parte. I suoi principali interessi di ricerca riguardano le relazioni tra conflitti, sviluppo e interventi umanitari in Africa; i processi di riforma politica e di democratizzazione (in particolare in Africa australe e in Angola); le relazioni internazionali dell’Africa; la politica dell’Italia verso l’Africa.
Nicola Melis
Ricercatore in Storia e Istituzioni dell’Africa all’Università degli Studi di Cagliari. È specializzato in storia e istituzioni dell’Impero ottomano, con particolare riguardo per le aree mediterranee e africane. I suoi interessi di ricerca comprendono gli Studi islamici (fiqh), la Storia e istituzioni del Vicino oriente e del Maghreb, i DisabilityStudies. Tra le sue pubblicazioni recenti, L'Africa ottomana. Una storia dimenticata, Aracne 2018, e “Riflessioni sulla pratica e la cultura dei confini nel tardo Impero ottomano”, in Afriche e Orienti 2018.
Antonio Pezzano
Ricercatore a tempo determinato in Storia e istituzioni dell’Africa presso il Dipartimento Asia, Africa e Mediterraneo dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, dove insegna Politiche di sviluppo locale in Africa nel corso di laurea magistrale in Relazioni e Istituzioni dell’Asia e dell’Africa. Fa parte del comitato scientifico del Centro Studi sull’Africa Contemporanea (CeSAC) nella stessa università. Aree di interesse delle sue ricerche sono informalità e governance urbana, sviluppo e governo locale in Africa subsahariana, con particolare frequentazione e attenzione al Sudafrica.
Isabella Soi
Ricercatrice in Storia e Istituzioni dell’Africa all’Università degli Studi di Cagliari. I suoi interessi di ricerca si concentrano su minoranze religiose, questioni di confine e le relazioni tra religione e politica nella Regione dei Grandi Laghi Africani, in particolare in Uganda. Tra le sue pubblicazioni Minoranze religiose nel continente africano. Il caso delle comunità ebraiche di Tunisia e di Uganda (con F. Petrucci), 2016; Una politica condizionata: ribelli e rifugiati in Uganda, 2007; “PeripheralUrbanism in Africa: BorderTowns and Twin Towns in Africa” (con P. Nugent), Journal of BorderlandStudies vol. 32 (4), 2017.
Sara de Simone
Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento con una borsa di studio post-dottorale della Fondazione Gerda Henkel. È membro del Centro Studi sull’Africa Contemporanea (CeSAC) dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” e research affiliate del MakerereInstitute of Social Research dell’Università di Makerere in Uganda. Ha un Dottorato di Ricerca in Africanistica e Scienze Politiche conseguito all’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” in cotutela con l’Università di Parigi 1 Panhtéon-Sorbonne. I suoi interessi di ricerca riguardano i meccanismi di governance locale e la sicurezza umana in contesti di conflitto e post-conflitto, la relazione tra interventi umanitari, programmi di sviluppo e processi di accumulazione di potere
Maria Cristina Ercolessi
Relatori
Antonio Pezzano
Isabella Soi
Sara de Simone
Discussant
Nicola Melis
Abstract
L’urbanizzazione in Africa è un fenomeno che ha una sua profondità storica, ma che, negli ultimi decenni, ha avuto un’accelerazione nella crescita, sia demografica che spaziale, in cui risultano evidenti fenomeni quali l’informalità urbana e la mobilità umana. Questa rapida urbanizzazione rappresenta una sfida per i governi che si confrontano con luoghi e società sempre più dinamiche, in cui si mescolano e si creano nuove identità attraverso processi di mediazione e contestazione politica e sociale che influenzano, spesso in modo sostanziale, lo sviluppo dello spazio urbano. Le città africane sono infatti definite e rimodellate dai loro margini; non soltanto quelli spaziali, che definiscono un confine flessibile e contestato, ma anche quelli sociali, composti da una popolazione sempre crescente che aspira a una vita urbana, e quelli politici, rappresentati da una molteplicità di pratiche che Olivier de Sardan (2008) ha chiamato “governance reale”, ben distinta dalla governance formale neoliberale. La governance reale è composta da una molteplicità di dimensioni, tanto convergenti quanto conflittuali, da micro-dinamiche locali e da un pluralismo di modi di azione che rompono l’illusoria univocità nell’azione delle istituzioni di governo locale e danno luogo a politiche ibride e asimmetriche che continuamente coinvolgono, nel loro funzionamento, elementi della marginalità spaziale e sociale caratteristici delle città africane. In questa configurazione complessa e plurale, lo Stato rimane invischiato nella vita quotidiana e produttiva del territorio che dovrebbe regolamentare.
Nella letteratura africanistica, si è spesso ricorso alle categorie generiche dell’“informalità” (Hart 2008) per interpretare queste pratiche e rendere conto della loro natura non marginale né criminale o patologica, ma piuttosto diffusa, rispondente a logiche regolamentate e strutturate. L’attenzione si pone, quindi, sull’agency degli attori non-statali nella negoziazione con lo Stato. Questi attori impiegano una varietà di strategie al fine di ottenere, dall’implementazione delle politiche pubbliche, risultati favorevoli che rispondano ai loro interessi di parte, contribuendo a stabilire una molteplicità di livelli di responsabilizzazione (accountability) dello Stato nei loro confronti. Quest’agency, che emerge soprattutto nei contesti urbani e ai margini negli spazi sociali di esclusione, articola nuove nozioni di cittadinanza attraverso diverse forme di contestazione e mobilitazione in relazioni contingenti con lo Stato, che vanno dalla «tranquilla invasione dell’ordinario» (Bayart 2004) ai movimenti urbani di protesta di massa (Alexander 2010). La cittadinanza, come forma di soggettività che si relaziona al progetto di Stato, viene dunque plasmata da questa governance stratificata e intricata (entangled).
Attraverso contributi interdisciplinari basati su ricerche empiriche e archivistiche (in particolare il Foreign Office e il Colonial Archive di Londra, e il National Archive di Entebbe), il panel si interroga, da un lato, sull’(inter)azione quotidiana dello Stato, nelle sue molte forme, con attori politici e sociali nella costruzione/negoziazione della statualità, della nazionalità e della cittadinanza in contesti caratterizzati spesso da forte mobilità; dall’altro, sulla governance reale con cui si declinano e articolano le nuove nozioni di cittadinanza in spazi urbani più o meno contestati socialmente e/o politicamente, con una particolare attenzione all'informalità urbana.
Stato e cittadinanza nei modi della governance reale nel commercio informale a Johannesburg
Antonio Pezzano
Il paper esplora i modi della governance reale nella formulazione e attuazione delle politiche metropolitane sul commercio informale nella città di Johannesburg, in cui interagiscono una pluralità di attori e pratiche statali e non-statali.
L’ipotesi di fondo è che le autorità municipali di Johannesburg non formano un’entità omogenea e, quindi, nonostante una certa produzione normativa (policy e by-laws), non perseguono una strategia coerente, ma si affidano piuttosto a un bricolage strategico, che combina diverse pratiche e tecniche di governo, creando zone differenziate di sovranità e cittadinanza, in base ai diversi interessi di mercato. Il risultato è una governance asimmetrica funzionale ai processi di neoliberalizzazione delle politiche urbane che producono un’incorporazione selettiva dal basso e dall’alto dei commercianti informali. Da un lato, forme intolleranti di controllo spaziale riproducono continuità storiche di repressione e cooptazione in un riordino coloniale dello spazio; dall’altro, una varietà di interessi e attori emergono sul territorio e si organizzano in nuovi modelli gestionali in un riordino neoliberale dello spazio. In tale contesto, i commercianti informali riescono a riconfigurare spazi urbani, combinando varie strategie relazionali con i diversi livelli di governo e autorità statali, e a creare nuove, seppur embrionali, forme di rivendicazione collettiva dei propri diritti.
Periferie urbane in Uganda: dinamiche locali e integrazione regionale
Isabella Soi
La relazione tra centro e periferie è il risultato della storia dei confini e di come le varie regioni si siano modellate a vicenda. Nel caso dell’Uganda le forze che hanno influenzato lo Stato e i suoi confini, differivano in ciascuna regione, ponendo le basi per una relazione non uniforme con il centro politico (Boone 2003). Nella regione orientale, la creazione del confine è stata influenzata dalla presenza di elementi naturali, ma anche di centri urbani (presenti già in epoca pre-coloniale) come Busia e Malaba. Situate tra il Lago Vittoria e il Monte Elgon, erano luoghi perfetti per lo sviluppo di mercati, punto d’incontro tra pescatori e agricoltori, ma anche tra amministrazioni coloniali differenti. In epoca contemporanea l'importanza di queste città è mutata, anche a causa delle politiche della Comunità dell'Africa orientale. L’obiettivo di questo contributo, basato su fonti d’archivio (britanniche e ugandesi) e interviste, è di contribuire al dibattito su come i margini abbiano modellato il centro (Raeymaekers 2014), quindi, come i confini abbiano influenzato lo sviluppo dello Stato e siano stati usati come risorse (politiche) nelle relazioni regionali, prendendo in considerazione non solo la presenza dello Stato al confine, ma anche il contrario: la presenza del confine nello Stato.
Refugee settlements o città embrionali? Riflessioni sul distretto di Adjumani, Uganda.
Sara de Simone
La letteratura sull'insediamento dei rifugiati in Africa si è articolata in larga parte sulla contrapposizione tra la creazione di campi di rifugiati e il self-settlement in aree urbane, basata sull'idea che la prima opzione provochi esclusione e isolamento mentre la seconda offra maggiori opportunità di integrazione (Kibreab 1999, Malkki 1995, Agier 2002). La realtà è però ben più variegata: soluzioni pensate per essere temporanee sempre più tendono a trasformarsi in insediamenti permanenti che stabiliscono relazioni continuative con l'ambiente circostante, assumendo molte delle caratteristiche sociali, economiche e politiche tipiche delle aree urbane. In quelli che Agier (2002) ha definito campi-città (camps-villes) agiscono molteplici attori locali e internazionali che danno luogo a una governance ibrida in cui le categorie di pubblico e privato, legale e illegale sono difficilmente distinguibili. Se i campi restano spesso principalmente dispositivi di controllo (Jansen 2016), l'Uganda, con la sua politica di accoglienza molto aperta, rappresenta un caso interessante.
Concentrandosi sul distretto di Adjumani (Uganda), storicamente meta di rifugiati sud sudanesi, questo contributo si propone di analizzare alcune delle dinamiche socio-politiche che scaturiscono dall'interazione della governance umanitaria con quella locale e con l'agency degli stessi rifugiati e delle comunità ospitanti e che stanno lentamente trasformando i refugeesettlement in "città accidentali" (Jansen 2011).
Curriculum dei partecipanti
M. Cristina Ercolessi
Dal 1992 professore associato di Storia e istituzioni dell’Africa presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” dove dirige anche il Centro studi sull’Africa contemporanea (CeSAC). Già coordinatore del dottorato di ricerca in Africanistica, è attualmente membro del dottorato “Asia, Africa e Mediterraneo” nella stessa università. È stata direttore della rivista afriche e orienti del cui comitato scientifico continua a fare parte. I suoi principali interessi di ricerca riguardano le relazioni tra conflitti, sviluppo e interventi umanitari in Africa; i processi di riforma politica e di democratizzazione (in particolare in Africa australe e in Angola); le relazioni internazionali dell’Africa; la politica dell’Italia verso l’Africa.
Nicola Melis
Ricercatore in Storia e Istituzioni dell’Africa all’Università degli Studi di Cagliari. È specializzato in storia e istituzioni dell’Impero ottomano, con particolare riguardo per le aree mediterranee e africane. I suoi interessi di ricerca comprendono gli Studi islamici (fiqh), la Storia e istituzioni del Vicino oriente e del Maghreb, i DisabilityStudies. Tra le sue pubblicazioni recenti, L'Africa ottomana. Una storia dimenticata, Aracne 2018, e “Riflessioni sulla pratica e la cultura dei confini nel tardo Impero ottomano”, in Afriche e Orienti 2018.
Antonio Pezzano
Ricercatore a tempo determinato in Storia e istituzioni dell’Africa presso il Dipartimento Asia, Africa e Mediterraneo dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, dove insegna Politiche di sviluppo locale in Africa nel corso di laurea magistrale in Relazioni e Istituzioni dell’Asia e dell’Africa. Fa parte del comitato scientifico del Centro Studi sull’Africa Contemporanea (CeSAC) nella stessa università. Aree di interesse delle sue ricerche sono informalità e governance urbana, sviluppo e governo locale in Africa subsahariana, con particolare frequentazione e attenzione al Sudafrica.
Isabella Soi
Ricercatrice in Storia e Istituzioni dell’Africa all’Università degli Studi di Cagliari. I suoi interessi di ricerca si concentrano su minoranze religiose, questioni di confine e le relazioni tra religione e politica nella Regione dei Grandi Laghi Africani, in particolare in Uganda. Tra le sue pubblicazioni Minoranze religiose nel continente africano. Il caso delle comunità ebraiche di Tunisia e di Uganda (con F. Petrucci), 2016; Una politica condizionata: ribelli e rifugiati in Uganda, 2007; “PeripheralUrbanism in Africa: BorderTowns and Twin Towns in Africa” (con P. Nugent), Journal of BorderlandStudies vol. 32 (4), 2017.
Sara de Simone
Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento con una borsa di studio post-dottorale della Fondazione Gerda Henkel. È membro del Centro Studi sull’Africa Contemporanea (CeSAC) dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” e research affiliate del MakerereInstitute of Social Research dell’Università di Makerere in Uganda. Ha un Dottorato di Ricerca in Africanistica e Scienze Politiche conseguito all’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” in cotutela con l’Università di Parigi 1 Panhtéon-Sorbonne. I suoi interessi di ricerca riguardano i meccanismi di governance locale e la sicurezza umana in contesti di conflitto e post-conflitto, la relazione tra interventi umanitari, programmi di sviluppo e processi di accumulazione di potere