Presidente
Elisa Giunchi
Relatori
Mireno Berrettini
Paolo Maggiolini
Andrea Plebani
Discussant
Alessia Melcangi
Abstract
Il panel si propone di rileggere il percorso di ricomposizione dello spazio mediorientale post-ottomano all’epilogo della Grande guerra concentrandosi sulle dinamiche di transizione e trasformazione che interessarono sia la sfera propriamente coloniale-imperiale europea sia quella più specifica delle diverse province a maggioranza araba “liberate” dal secolare giogo di Istanbul. Nel solco di tale riflessione, esso si concentrerà sulla specifica dimensione britannica, sui processi di transizione che investirono l’impero in quegli anni e su quei territori mediorientali caduti sotto la sua influenza, con particolare riferimento ai contesti di Iraq e Transgiordania. Il panel si propone di oltrepassare letture che intendono spiegare i processi storici di fondazione degli stati moderni mediorientali come semplice risultante di proiezioni coloniali e imperiali occidentali, per evidenziare piuttosto come le dinamiche di trasformazione avviate nella fase post-bellica siano state espressione di ben più complessi intrecci. I relatori adotteranno quindi un approccio volto a evidenziare le complesse interazioni manifestatesi in quelle decadi tra interessi imperiali, sfera regionale e le complesse relazioni esistenti all’interno e tra le diverse comunità locali mediorientali. In questo modo, il panel si propone di mostrare l’andamento di una sorta di gioco a specchio in cui il momento imperiale, il quadro regionale e il tessuto socio-politico finirono con l’influenzarsi vicendevolmente, ponendo le basi per la nascita di un nuovo ordine regionale destinato a giocare un ruolo sempre più centrale nel contesto internazionale.
«Multiple Kingdoms and Monarchies»: il sistema imperiale britannico tra spazio globale e dimensione regionale
Mireno Berrettini
Nel 1992 John H. Elliott pubblicava su «Past and Present» A Europe of Composite Monarchies, indubbiamente uno dei contributi più importanti sulla formazione e sul funzionamento della statualità europea. È anche a partire dalle categorie da lui fornite che nel mio intervento intendo riflettere su come l’intero spazio imperiale britannico, negli anni tra le due Guerre Mondiali, possa essere considerato come ‘il’ tipico esempio di sistema composito. L’Impero, a prescindere dalle varie declinazioni giuridiche che ha storicamente assunto, è stato infatti una complessa macchina poliarchica in cui, accanto alle tradizionali forme-Stato, si sono affiancate altre modalità di gestione del rapporto tra spazio e potere. Una di queste è rappresentata da quel sistema mandatario che ha fatto dell’area del Medio Oriente post-Ottomano un grande laboratorio di sperimentazione, in cui i cleavages politici sono stati tracciati su linee ben più complesse di quanto possano far ritenere le tradizionali relazioni centro-periferia o metropoli-colonie. L’analisi delle interazioni intercorse tra gli attori di questo teatro composito e il più ampio sistema delle relazioni intraimperiali britanniche può contribuire a evidenziare come le diverse auctoritas e le differenti agencies, coesistite entro un medesimo spazio sovrano, siano diventate incubatori di dinamiche trasformative regionali e di processi di modernizzazione locali, che complessivamente hanno fatto dell’Impero britannico un potente agente di globalizzazione.
La tessera mancante nello scacchiere mediorientale: la nascita dell’Emirato di Transgiordania attraverso gli occhi dei suoi distretti di epoca ottomana
Paolo Maggiolini
All’epilogo della Grande guerra e nel cuore del percorso di ricomposizione del Medio Oriente post-ottomano, la Transgiordania appariva coma una sorta di rebus, la tessera mancante di uno scacchiere in via di composizione. Rispetto ai ben più allettanti contesti geografici che avrebbero di lì a poco assunto i nomi di Iraq, Siria, Libano e Palestina, tale territorio non destava interessi politici ed economici immediati. Esso era stato di fatto completamente ignorato durante il gioco diplomatico dei primi anni del conflitto. Nonostante ciò, come la Rivolta Araba aveva già evidenziato, la sua collocazione lo rendeva un punto di passaggio quasi obbligatorio: il “corridoio” che poteva sia unire sia separare e schermare i vari interessi diplomatici e geopolitici nella regione. Tale considerazione offre la prima prospettiva attraverso cui rileggere la vicenda che accompagnò la nascita del moderno stato hashemita di Transgiordania. Di fatto, il processo politico e negoziale che permise la composizione di questa unità politico-geografica regno di tribù nomadi, semi-nomadi e sedentarie fu possibile grazie all’attenta mediazione diplomatica britannica che, seppur mai veramente interessata dalle sue sorti interne, ne comprese il valore potenziale per i suoi disegni mediorientali. Fu l’intuizione di Londra che fece della Transgiordania un Emirato sotto l’attuale dinastia hashemita. Al tempo stesso, però, non si deve ignorare che il successo di questa operazione e i contenti politici che essa acquisì furono determinati in maniera decisiva dall’atteggiamento assunto dai diversi potentati locali transgiordani che, dimostrando di ben comprendere il significato della congiuntura internazionale, cercano di ricavarne il maggior beneficio possibile dall’avvio dello state-building mandatario. Ne nacque una complessa dinamica di confronto e intreccio dove l’interesse geopolitico britannico si precisò e radicò attraverso l’effige dello stato hashemita al tempo del Mandato, mentre l’antico sistema tribale locale si gerarchizzò, ricompose e strutturò indossando l’abito di un ordinamento moderno transgiordano emanazione della tradizione britannica. Il contributo si propone quindi di decostruire la consueta immagine di artificialità dello stato hashemita giordano, in quanto semplice espressione della volontà coloniale di Londra, per analizzare il complesso allineamento tra momento internazionale, regionale e locale attraverso cui vennero stabilite le regole del patto hashemita-transgiordano-britannico. Fu sulla base di tale intreccio che il regime transgiordano acquisì credibilità al di là delle sue immediate fragilità, inserendosi prima nello schema mediorientale britannico e divenendo poi il soggetto politico più longevo all’interno dello scacchiere mediorientale contemporaneo.
Le diverse posizioni della comunità arabo-sunnita mesopotamica tra l’epilogo del primo conflitto mondiale e la nascita della moderna sintesi statuale irachena
Andrea Plebani
Da sempre considerata come uno dei capisaldi sui quali venne eretta la moderna sintesi statuale irachena, la comunità arabo-sunnita della terra dei due fiumi tende generalmente a essere presentata dalla pubblicistica come una realtà quasi monolitica schieratasi compatta a fianco di Londra e della corona hashemita d’Iraq sorta nel 1921. Una posizione, questa, figlia del ruolo cruciale giocato da alcuni dei suoi leader di maggior spicco nel consolidamento delle istituzioni del Paese e dal peso specifico assunto da questa componente nel corso dei lunghi anni che precedettero la caduta del regime di Saddam Hussein, ma che non riesce a esprimere la complessità di una realtà ben più eterogenea e frammentata di quanto generalmente descritto. Dietro l’apparente omogeneità di posizioni e intenti che pareva caratterizzare la comunità arabo-sunnita irachena nel 1921, infatti, si celavano una molteplicità di agende e interessi contrapposti ben riflessi dalle posizioni assunte dalle sue diverse anime durante il biennio 1919-1920 e, in particolare, nel corso della grande sollevazione del 1920. Un momento storico di cruciale importanza che ha segnato il destino della terra dei due fiumi, ma che tende, erroneamente, a essere presentato come il prodotto di un’opposizione di matrice quasi esclusivamente arabo-sciita avente come epicentri il Medio Eufrate e le principali ‘atabat.
Il contributo si propone, quindi, di delineare la complessità delle relazioni interne alla comunità arabo-sunnita irachena all’indomani della fine del Primo conflitto mondiale e di evidenziarne le diverse posizioni nei confronti di Londra e delle sue mire sulla terra dei due fiumi.
Curriculum dei partecipanti
Elisa Giunchi
Professore associato presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegna Storia e Istituzioni dei Paesi Musulmani, History and Politics of North Africa and the Middle East, e Storia dell’Asia. Tra le sue monografie più recenti, Nel nome di Allah: l’autorità religiosa nel mondo musulmano, Jouvence, 2017; Muslim family law in Western courts, ed., Routledge, 2014; Adjudicating family law in Muslimcourts, ed., Routledge, 2013.
Alessia Melcangi
Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, collabora con il Centro di Ricerche sul Sistema Sud e il Mediterraneo Allargato dell’Università Cattolica del S. Cuore di Milano. Tra le sue opere recenti I copti nell’Egitto di Nasser. Tra politica e religione (1952-1970), Carocci, 2017, volume pubblicato con il contributo dell’Unità di ricerca dell’Università di Catania nell’ambito del PRIN 2010-2011 e North African Societies after the Arab Spring: BetweenDemocracy and IslamicAwakening, (ed.), Cambridge Scholars Publishing, 2016.
Mireno Berrettini
Ricercatore di Storia delle Relazioni Internazionali presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Ateneo dove insegna anche Integrazione Europea: Storia e Politiche. La sua ultima monografia si intitola Verso un nuovo ordine globale: le relazioni internazionali in prospettiva storica, Carocci, 2017.
Paolo Maggiolini
Assegnista di ricerca e docente a contratto in Storia dell’Asia islamica presso l’Università Cattolica del S. Cuore, dove ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca in Istituzioni e Politiche. Paolo Maggiolini è co-editor con Kamran Matin (Università del Sussex) della serie Palgrave intitolata Minorities in West Asia and North Africa (MIWANA). Tra le sue pubblicazioni vi sono Il Regno di Giordania. Frontiere e confini nella storia e nelle istituzioni della monarchia hashemita, Anankelab, Torino, 2017; Maggiolini P., Demichelis M. (eds), The Struggle to Define a Nation. Rethinking Nationalism in the Contemporary Islamic World, Gorgias Press LLC, Piscataway, 2017 e Arabi Cristiani di Transgiordania. Spazi politici e cultura tribale (1841-1922), Collana Politica, FrancoAngeli, Milano, 2011.
Andrea Plebani
Assegnista di Ricerca e docente a contratto in Geopolitica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e Associate ResearchFellow presso l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale. Tra le sue pubblicazioni vi sono La terra dei due fiumi allo specchio. Visioni alternative di Iraq dalla tarda epoca ottomana all’avvento dello “Stato Islamico”, Rubbettino, 2018; Jihadismo globale. Strategie del terrore tra Oriente e Occidente, Giunti, 2016; e L’Iraq contemporaneo, Carocci, 2013.
Elisa Giunchi
Relatori
Mireno Berrettini
Paolo Maggiolini
Andrea Plebani
Discussant
Alessia Melcangi
Abstract
Il panel si propone di rileggere il percorso di ricomposizione dello spazio mediorientale post-ottomano all’epilogo della Grande guerra concentrandosi sulle dinamiche di transizione e trasformazione che interessarono sia la sfera propriamente coloniale-imperiale europea sia quella più specifica delle diverse province a maggioranza araba “liberate” dal secolare giogo di Istanbul. Nel solco di tale riflessione, esso si concentrerà sulla specifica dimensione britannica, sui processi di transizione che investirono l’impero in quegli anni e su quei territori mediorientali caduti sotto la sua influenza, con particolare riferimento ai contesti di Iraq e Transgiordania. Il panel si propone di oltrepassare letture che intendono spiegare i processi storici di fondazione degli stati moderni mediorientali come semplice risultante di proiezioni coloniali e imperiali occidentali, per evidenziare piuttosto come le dinamiche di trasformazione avviate nella fase post-bellica siano state espressione di ben più complessi intrecci. I relatori adotteranno quindi un approccio volto a evidenziare le complesse interazioni manifestatesi in quelle decadi tra interessi imperiali, sfera regionale e le complesse relazioni esistenti all’interno e tra le diverse comunità locali mediorientali. In questo modo, il panel si propone di mostrare l’andamento di una sorta di gioco a specchio in cui il momento imperiale, il quadro regionale e il tessuto socio-politico finirono con l’influenzarsi vicendevolmente, ponendo le basi per la nascita di un nuovo ordine regionale destinato a giocare un ruolo sempre più centrale nel contesto internazionale.
«Multiple Kingdoms and Monarchies»: il sistema imperiale britannico tra spazio globale e dimensione regionale
Mireno Berrettini
Nel 1992 John H. Elliott pubblicava su «Past and Present» A Europe of Composite Monarchies, indubbiamente uno dei contributi più importanti sulla formazione e sul funzionamento della statualità europea. È anche a partire dalle categorie da lui fornite che nel mio intervento intendo riflettere su come l’intero spazio imperiale britannico, negli anni tra le due Guerre Mondiali, possa essere considerato come ‘il’ tipico esempio di sistema composito. L’Impero, a prescindere dalle varie declinazioni giuridiche che ha storicamente assunto, è stato infatti una complessa macchina poliarchica in cui, accanto alle tradizionali forme-Stato, si sono affiancate altre modalità di gestione del rapporto tra spazio e potere. Una di queste è rappresentata da quel sistema mandatario che ha fatto dell’area del Medio Oriente post-Ottomano un grande laboratorio di sperimentazione, in cui i cleavages politici sono stati tracciati su linee ben più complesse di quanto possano far ritenere le tradizionali relazioni centro-periferia o metropoli-colonie. L’analisi delle interazioni intercorse tra gli attori di questo teatro composito e il più ampio sistema delle relazioni intraimperiali britanniche può contribuire a evidenziare come le diverse auctoritas e le differenti agencies, coesistite entro un medesimo spazio sovrano, siano diventate incubatori di dinamiche trasformative regionali e di processi di modernizzazione locali, che complessivamente hanno fatto dell’Impero britannico un potente agente di globalizzazione.
La tessera mancante nello scacchiere mediorientale: la nascita dell’Emirato di Transgiordania attraverso gli occhi dei suoi distretti di epoca ottomana
Paolo Maggiolini
All’epilogo della Grande guerra e nel cuore del percorso di ricomposizione del Medio Oriente post-ottomano, la Transgiordania appariva coma una sorta di rebus, la tessera mancante di uno scacchiere in via di composizione. Rispetto ai ben più allettanti contesti geografici che avrebbero di lì a poco assunto i nomi di Iraq, Siria, Libano e Palestina, tale territorio non destava interessi politici ed economici immediati. Esso era stato di fatto completamente ignorato durante il gioco diplomatico dei primi anni del conflitto. Nonostante ciò, come la Rivolta Araba aveva già evidenziato, la sua collocazione lo rendeva un punto di passaggio quasi obbligatorio: il “corridoio” che poteva sia unire sia separare e schermare i vari interessi diplomatici e geopolitici nella regione. Tale considerazione offre la prima prospettiva attraverso cui rileggere la vicenda che accompagnò la nascita del moderno stato hashemita di Transgiordania. Di fatto, il processo politico e negoziale che permise la composizione di questa unità politico-geografica regno di tribù nomadi, semi-nomadi e sedentarie fu possibile grazie all’attenta mediazione diplomatica britannica che, seppur mai veramente interessata dalle sue sorti interne, ne comprese il valore potenziale per i suoi disegni mediorientali. Fu l’intuizione di Londra che fece della Transgiordania un Emirato sotto l’attuale dinastia hashemita. Al tempo stesso, però, non si deve ignorare che il successo di questa operazione e i contenti politici che essa acquisì furono determinati in maniera decisiva dall’atteggiamento assunto dai diversi potentati locali transgiordani che, dimostrando di ben comprendere il significato della congiuntura internazionale, cercano di ricavarne il maggior beneficio possibile dall’avvio dello state-building mandatario. Ne nacque una complessa dinamica di confronto e intreccio dove l’interesse geopolitico britannico si precisò e radicò attraverso l’effige dello stato hashemita al tempo del Mandato, mentre l’antico sistema tribale locale si gerarchizzò, ricompose e strutturò indossando l’abito di un ordinamento moderno transgiordano emanazione della tradizione britannica. Il contributo si propone quindi di decostruire la consueta immagine di artificialità dello stato hashemita giordano, in quanto semplice espressione della volontà coloniale di Londra, per analizzare il complesso allineamento tra momento internazionale, regionale e locale attraverso cui vennero stabilite le regole del patto hashemita-transgiordano-britannico. Fu sulla base di tale intreccio che il regime transgiordano acquisì credibilità al di là delle sue immediate fragilità, inserendosi prima nello schema mediorientale britannico e divenendo poi il soggetto politico più longevo all’interno dello scacchiere mediorientale contemporaneo.
Le diverse posizioni della comunità arabo-sunnita mesopotamica tra l’epilogo del primo conflitto mondiale e la nascita della moderna sintesi statuale irachena
Andrea Plebani
Da sempre considerata come uno dei capisaldi sui quali venne eretta la moderna sintesi statuale irachena, la comunità arabo-sunnita della terra dei due fiumi tende generalmente a essere presentata dalla pubblicistica come una realtà quasi monolitica schieratasi compatta a fianco di Londra e della corona hashemita d’Iraq sorta nel 1921. Una posizione, questa, figlia del ruolo cruciale giocato da alcuni dei suoi leader di maggior spicco nel consolidamento delle istituzioni del Paese e dal peso specifico assunto da questa componente nel corso dei lunghi anni che precedettero la caduta del regime di Saddam Hussein, ma che non riesce a esprimere la complessità di una realtà ben più eterogenea e frammentata di quanto generalmente descritto. Dietro l’apparente omogeneità di posizioni e intenti che pareva caratterizzare la comunità arabo-sunnita irachena nel 1921, infatti, si celavano una molteplicità di agende e interessi contrapposti ben riflessi dalle posizioni assunte dalle sue diverse anime durante il biennio 1919-1920 e, in particolare, nel corso della grande sollevazione del 1920. Un momento storico di cruciale importanza che ha segnato il destino della terra dei due fiumi, ma che tende, erroneamente, a essere presentato come il prodotto di un’opposizione di matrice quasi esclusivamente arabo-sciita avente come epicentri il Medio Eufrate e le principali ‘atabat.
Il contributo si propone, quindi, di delineare la complessità delle relazioni interne alla comunità arabo-sunnita irachena all’indomani della fine del Primo conflitto mondiale e di evidenziarne le diverse posizioni nei confronti di Londra e delle sue mire sulla terra dei due fiumi.
Curriculum dei partecipanti
Elisa Giunchi
Professore associato presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegna Storia e Istituzioni dei Paesi Musulmani, History and Politics of North Africa and the Middle East, e Storia dell’Asia. Tra le sue monografie più recenti, Nel nome di Allah: l’autorità religiosa nel mondo musulmano, Jouvence, 2017; Muslim family law in Western courts, ed., Routledge, 2014; Adjudicating family law in Muslimcourts, ed., Routledge, 2013.
Alessia Melcangi
Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, collabora con il Centro di Ricerche sul Sistema Sud e il Mediterraneo Allargato dell’Università Cattolica del S. Cuore di Milano. Tra le sue opere recenti I copti nell’Egitto di Nasser. Tra politica e religione (1952-1970), Carocci, 2017, volume pubblicato con il contributo dell’Unità di ricerca dell’Università di Catania nell’ambito del PRIN 2010-2011 e North African Societies after the Arab Spring: BetweenDemocracy and IslamicAwakening, (ed.), Cambridge Scholars Publishing, 2016.
Mireno Berrettini
Ricercatore di Storia delle Relazioni Internazionali presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Ateneo dove insegna anche Integrazione Europea: Storia e Politiche. La sua ultima monografia si intitola Verso un nuovo ordine globale: le relazioni internazionali in prospettiva storica, Carocci, 2017.
Paolo Maggiolini
Assegnista di ricerca e docente a contratto in Storia dell’Asia islamica presso l’Università Cattolica del S. Cuore, dove ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca in Istituzioni e Politiche. Paolo Maggiolini è co-editor con Kamran Matin (Università del Sussex) della serie Palgrave intitolata Minorities in West Asia and North Africa (MIWANA). Tra le sue pubblicazioni vi sono Il Regno di Giordania. Frontiere e confini nella storia e nelle istituzioni della monarchia hashemita, Anankelab, Torino, 2017; Maggiolini P., Demichelis M. (eds), The Struggle to Define a Nation. Rethinking Nationalism in the Contemporary Islamic World, Gorgias Press LLC, Piscataway, 2017 e Arabi Cristiani di Transgiordania. Spazi politici e cultura tribale (1841-1922), Collana Politica, FrancoAngeli, Milano, 2011.
Andrea Plebani
Assegnista di Ricerca e docente a contratto in Geopolitica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e Associate ResearchFellow presso l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale. Tra le sue pubblicazioni vi sono La terra dei due fiumi allo specchio. Visioni alternative di Iraq dalla tarda epoca ottomana all’avvento dello “Stato Islamico”, Rubbettino, 2018; Jihadismo globale. Strategie del terrore tra Oriente e Occidente, Giunti, 2016; e L’Iraq contemporaneo, Carocci, 2013.