Presidente / Discussant
Enrico Palumbo (Università IULM)
Relatori
Aide Esu
Marcella Simoni
Arturo Marzano
Abstract
Il panel si propone di tracciare un bilancio dello Stato di Israele a 70 anni dalla sua fondazione, mettendo in luce i principali cambiamenti intervenuti nel corso della sua storia, soprattutto quella più recente. Se nel 1998 Israele poteva festeggiare il mezzo secolo di vita in un periodo storico in cui la fine della Guerra fredda e gli Accordi di Oslo sembravano lasciar intravedere il possibile raggiungimento della pace con i palestinesi all’interno di una cornice di “due popoli – due Stati”, oggi la situazione è molto cambiata. In un Medio Oriente caratterizzato negli ultimi anni da numerosi scontri – su tutti la guerra in Siria – la pace tra israeliani e palestinesi è certamente più lontana di venti anni fa. Dal punto di vista interno, in Israele si è assistito alla crisi dei partiti di sinistra, ad un progressivo aumento delle forze nazional-religiose, meno disposte ad un compromesso territoriale con i palestinesi, e ad una sempre maggiore richiesta di rafforzare l’elemento “ebraico” su quello “democratico” all’interno delle istituzioni politiche. La società civile israeliana, caratterizzata storicamente da un forte pluralismo interno, ha subito negli ultimi anni una serie di attacchi provenienti da settori legati alla destra. Anche lo status internazionale di Israele è cambiato notevolmente nell’ultimo decennio: il peggioramento dei rapporti con alcuni paesi europei e con l’Unione Europea è stato accompagnato da un miglioramento nelle relazioni – soprattutto economiche - con paesi quali Cina e India, con cui per decenni non vi erano stati rapporti diplomatici. La special relationship tra Israele e Stati Uniti prosegue in maniera salda, sebbene vi siano stati, durante la presidenza Obama, segnali di crescente tensione. Dal punto di vista economico, Israele non ha risentito della crisi del 2008, sebbene le disparità socio-economiche siano aumentate, con un’accelerazione negli ultimi due decenni di quel processo che già a partire dai primi anni Ottanta aveva visto l’economia di Israele trasformarsi da generalmente socialista a liberista.
Il panel vuole fare il punto su alcuni di questi processi, interrogandosi su come la politica, la società e la cultura israeliana siano profondamente cambiate, con l’obiettivo di restituire le molte sfaccettature di un paese troppo spesso letto soltanto attraverso il prisma del conflitto israelo-palestinese.
Il conflitto israelo-palestinese. Un conflitto intrattabile?
Aide Esu
Gli studi sociali sui conflitti intrattabili focalizzano la loro attenzione sulle componenti ostative e strutturali delle controversie. Studiosi di diverse discipline considerano il conflitto tra Israele e Palestina un caso paradigmatico, un laboratorio sociale in cui il conflitto è percepito come irrisolvibile, richiedente un investimento estensivo sul piano umano, sociale, economico, psicologico e centrale per gli attori e le società coinvolti. Il paper riflette su alcuni aspetti sottovalutati da questo approccio. Gli studi sull’intrattabilità del conflitto tra Israele e Palestina (Bar-Tal & al.) fanno riferimento alle credenze sociali consolidate nella memoria collettiva, i prodotti culturali, i media, etc. Al contrario scarsa attenzione è prestata alla rilevanza della vita quotidiana quale radicamento delle credenze sociali e nei vincoli imposti alla capacità di agency, specie in condizioni di occupazione. Si propone una rilettura del conflitto a partire dalla “rilevanza dello studio della vita quotidiana quale fondamento per comprendere eventi storici”, così come suggerisce Walter Benjamin (1991).
Anti-militarismo e nonviolenza tra società civile e Stato in Israele (1948-1982-2000)
Marcella Simoni
In Civil Society and Peace Jeanne Pearce colloca la società civile al centro dei processi di peace-building in presenza di conflitti protratti di media o alta intensità per due motivi: in primo luogo in quanto portatrice di istanze e valori plurali, e in secondo luogo come indicazione della misura della democrazia dello Stato e della traiettoria della relazione tra i due. Il rapporto tra società civile e Stato in Israele, che è stato storicamente molto vitale e proficuo per entrambi le parti, attraversa oggi una fase molto difficile, specialmente dopo la recente approvazione della cosiddetta “NGO Law” (luglio 2017). Promulgata con il pretesto della trasparenza economica, la NGO law – che obbliga le ONG che ricevono la maggior parte dei propri finanziamenti da governi esteri a renderli pubblici - rappresenta l’attacco più marcato dello Stato ad una società civile portatrice di valori spesso anti-nazionalisti, per i diritti umani e contro l’occupazione. Nel tracciare un quadro storico di lungo periodo della relazione tra società civile e Stato in Israele, in questo intervento mi vorrei concentrare su tre momenti – il 1948 e la fondazione dello Stato, il 1982 e la Guerra del Libano e il periodo successivo al 2000, e quindi alla Seconda Intifada - con particolare attenzione ai temi dell’obiezione di coscienza, della nonviolenza e dell’anti-militarismo. Si tratta di tre aspetti che necessariamente toccano non solo la mobilitazione dal basso della società civile, ma anche (e soprattutto) la dimensione istituzionale, e le scelte individuali di molti cittadini di diverse generazioni, nel tentativo di discutere in quale periodo sia stato il rapporto tra Stato e società civile maggiormente equilibrato, o comunque funzionale e proficuo al funzionamento democratico dello Stato.
Lo status internazionale di Israele: un crescente isolamento?
Arturo Marzano
A partire dai primi anni Novanta si sono verificati numerosi cambiamenti che hanno inciso significativamente nelle relazioni tra Israele e la comunità internazionale: la fine della Guerra fredda, con il conseguente crollo del blocco comunista e la vittoria degli Stati Uniti; il reciproco riconoscimento con l’OLP; il miglioramento nei rapporti con alcuni Stati arabi, fino alla recente vicinanza all’Arabia Saudita in funzione anti-iraniana; l’apertura a stretti rapporti con la Cina e l’India. In questo intervento, intendo riflettere sul significato di tali mutamenti, chiedendomi se e fino a che punto abbiano portato ad un effettivo miglioramento nello status internazionale dello Stato ebraico oppure se questo progresso sia stato solo di facciata. Come si spiega, infatti, che sulle questioni cruciali – non ultima quella relativa alla decisione di Washington di riconoscere Gerusalemme come capitale – Israele continui a rimanere isolato?
Curriculum dei partecipanti
Aide Esu
Professore associato di Sociologia presso il Dipartimento di Scienze Sociali e delle Istituzioni dell’Università di Cagliari. Insegna Sociologia e Teorie e Metodi della Ricerca Sociale nei corsi di Scienze Politiche e di Politica Società e Territorio. Ha conseguito il PhD in Sociologia presso l’EcoledesHautesEtudes en SciencesSociales di Parigi, nel 2014 è stata FulbrightDistinguished Chair at the University of Pittsburgh.I suoi interessi di ricerca sono violenza politica, comunicazione politica e media, conflitto Israele e Palestina, costruzione sociale della paura, migrazioni.È membro del board di EuropeanAssociation of IsraliStudies
Marcella Simoni
Insegna Storia di Israele e Palestina e Storia e Istituzioni dell'Asia all'Università Ca' Foscari di Venezia. Ha ottenuto il Ph.D dall’Università di Londra (2004) ed è stata visitingscholar alla BrownUniversity, a Oxford, a Los Angeles, al Centre Français de Recherche de Jérusalem (CRFJ) e all’INALCO. Nel 2010 ha vinto il Premio Alessandro Vaciago per le Scienze Politiche e Sociali dell'Accademia dei Lincei.Marcella Simoni ha pubblicatoA Healthy Nation. Zionist Health Policies in British Palestine (Cafoscarina, 2010) e At the Margins of Conflict.Social Perspectives on Arab and Jews(Cafoscarina, 2010). Con Arturo Marzano ha curato Quaranta anni dopo. Confini, barriere e limiti in Israele e Palestina (1967-2007) (Il Ponte, 2007), e “Roma e Gerusalemme”. Israele nella vita politica e culturale italiana (1949-2009) (ECIG, 2010). E’ stata nel direttivo di SeSaMO (Società per gli Studi sul Medio Oriente, 2008-11) e siede nell’editorialboard di «Quest.Issues in Contemporary Jewish History» e del «Journal of Modern Jewish History».Fa parte dell’Executive Committee della “EuropeanAssociation of IsraelStudies.”
Arturo Marzano
Professore associato di Storia e Istituzioni dell’Asia all’Università di Pisa. Si occupa di storia del sionismo, dello Stato di Israele, del conflitto israelo-palestinese e dei rapporti fra Europa e Medio Oriente. Tra le sue pubblicazioni principali: Una terra per rinascere. Gli ebrei italiani e l’emigrazione in Palestina prima della guerra (1920-1940) (Marietti, 2003); Onde fasciste. La propaganda araba di Radio Bari (1934-43) (Carocci, 2015); Storia dei sionismi. Lo Stato degli ebrei da Herzl a oggi (Carocci, 2017).
Enrico Palumbo
Assegnista di ricerca presso l’Università Iulm di Milano, dove collabora con Guido Formigoni. Dottore di ricerca in Scienze storiche, filologiche e letterarie dell’Europa e del Mediterraneo con Agostino Giovagnoli, all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ateneo presso il quale è anche cultore della materia. Membro della segreteria di redazione della rivista «Ricerche di Storia Politica». Interessi di ricerca: il cattolicesimo sociale, i rapporti ebraico-cristiani nella cultura cattolica, la storia del conflitto israelo-palestinese.
Enrico Palumbo (Università IULM)
Relatori
Aide Esu
Marcella Simoni
Arturo Marzano
Abstract
Il panel si propone di tracciare un bilancio dello Stato di Israele a 70 anni dalla sua fondazione, mettendo in luce i principali cambiamenti intervenuti nel corso della sua storia, soprattutto quella più recente. Se nel 1998 Israele poteva festeggiare il mezzo secolo di vita in un periodo storico in cui la fine della Guerra fredda e gli Accordi di Oslo sembravano lasciar intravedere il possibile raggiungimento della pace con i palestinesi all’interno di una cornice di “due popoli – due Stati”, oggi la situazione è molto cambiata. In un Medio Oriente caratterizzato negli ultimi anni da numerosi scontri – su tutti la guerra in Siria – la pace tra israeliani e palestinesi è certamente più lontana di venti anni fa. Dal punto di vista interno, in Israele si è assistito alla crisi dei partiti di sinistra, ad un progressivo aumento delle forze nazional-religiose, meno disposte ad un compromesso territoriale con i palestinesi, e ad una sempre maggiore richiesta di rafforzare l’elemento “ebraico” su quello “democratico” all’interno delle istituzioni politiche. La società civile israeliana, caratterizzata storicamente da un forte pluralismo interno, ha subito negli ultimi anni una serie di attacchi provenienti da settori legati alla destra. Anche lo status internazionale di Israele è cambiato notevolmente nell’ultimo decennio: il peggioramento dei rapporti con alcuni paesi europei e con l’Unione Europea è stato accompagnato da un miglioramento nelle relazioni – soprattutto economiche - con paesi quali Cina e India, con cui per decenni non vi erano stati rapporti diplomatici. La special relationship tra Israele e Stati Uniti prosegue in maniera salda, sebbene vi siano stati, durante la presidenza Obama, segnali di crescente tensione. Dal punto di vista economico, Israele non ha risentito della crisi del 2008, sebbene le disparità socio-economiche siano aumentate, con un’accelerazione negli ultimi due decenni di quel processo che già a partire dai primi anni Ottanta aveva visto l’economia di Israele trasformarsi da generalmente socialista a liberista.
Il panel vuole fare il punto su alcuni di questi processi, interrogandosi su come la politica, la società e la cultura israeliana siano profondamente cambiate, con l’obiettivo di restituire le molte sfaccettature di un paese troppo spesso letto soltanto attraverso il prisma del conflitto israelo-palestinese.
Il conflitto israelo-palestinese. Un conflitto intrattabile?
Aide Esu
Gli studi sociali sui conflitti intrattabili focalizzano la loro attenzione sulle componenti ostative e strutturali delle controversie. Studiosi di diverse discipline considerano il conflitto tra Israele e Palestina un caso paradigmatico, un laboratorio sociale in cui il conflitto è percepito come irrisolvibile, richiedente un investimento estensivo sul piano umano, sociale, economico, psicologico e centrale per gli attori e le società coinvolti. Il paper riflette su alcuni aspetti sottovalutati da questo approccio. Gli studi sull’intrattabilità del conflitto tra Israele e Palestina (Bar-Tal & al.) fanno riferimento alle credenze sociali consolidate nella memoria collettiva, i prodotti culturali, i media, etc. Al contrario scarsa attenzione è prestata alla rilevanza della vita quotidiana quale radicamento delle credenze sociali e nei vincoli imposti alla capacità di agency, specie in condizioni di occupazione. Si propone una rilettura del conflitto a partire dalla “rilevanza dello studio della vita quotidiana quale fondamento per comprendere eventi storici”, così come suggerisce Walter Benjamin (1991).
Anti-militarismo e nonviolenza tra società civile e Stato in Israele (1948-1982-2000)
Marcella Simoni
In Civil Society and Peace Jeanne Pearce colloca la società civile al centro dei processi di peace-building in presenza di conflitti protratti di media o alta intensità per due motivi: in primo luogo in quanto portatrice di istanze e valori plurali, e in secondo luogo come indicazione della misura della democrazia dello Stato e della traiettoria della relazione tra i due. Il rapporto tra società civile e Stato in Israele, che è stato storicamente molto vitale e proficuo per entrambi le parti, attraversa oggi una fase molto difficile, specialmente dopo la recente approvazione della cosiddetta “NGO Law” (luglio 2017). Promulgata con il pretesto della trasparenza economica, la NGO law – che obbliga le ONG che ricevono la maggior parte dei propri finanziamenti da governi esteri a renderli pubblici - rappresenta l’attacco più marcato dello Stato ad una società civile portatrice di valori spesso anti-nazionalisti, per i diritti umani e contro l’occupazione. Nel tracciare un quadro storico di lungo periodo della relazione tra società civile e Stato in Israele, in questo intervento mi vorrei concentrare su tre momenti – il 1948 e la fondazione dello Stato, il 1982 e la Guerra del Libano e il periodo successivo al 2000, e quindi alla Seconda Intifada - con particolare attenzione ai temi dell’obiezione di coscienza, della nonviolenza e dell’anti-militarismo. Si tratta di tre aspetti che necessariamente toccano non solo la mobilitazione dal basso della società civile, ma anche (e soprattutto) la dimensione istituzionale, e le scelte individuali di molti cittadini di diverse generazioni, nel tentativo di discutere in quale periodo sia stato il rapporto tra Stato e società civile maggiormente equilibrato, o comunque funzionale e proficuo al funzionamento democratico dello Stato.
Lo status internazionale di Israele: un crescente isolamento?
Arturo Marzano
A partire dai primi anni Novanta si sono verificati numerosi cambiamenti che hanno inciso significativamente nelle relazioni tra Israele e la comunità internazionale: la fine della Guerra fredda, con il conseguente crollo del blocco comunista e la vittoria degli Stati Uniti; il reciproco riconoscimento con l’OLP; il miglioramento nei rapporti con alcuni Stati arabi, fino alla recente vicinanza all’Arabia Saudita in funzione anti-iraniana; l’apertura a stretti rapporti con la Cina e l’India. In questo intervento, intendo riflettere sul significato di tali mutamenti, chiedendomi se e fino a che punto abbiano portato ad un effettivo miglioramento nello status internazionale dello Stato ebraico oppure se questo progresso sia stato solo di facciata. Come si spiega, infatti, che sulle questioni cruciali – non ultima quella relativa alla decisione di Washington di riconoscere Gerusalemme come capitale – Israele continui a rimanere isolato?
Curriculum dei partecipanti
Aide Esu
Professore associato di Sociologia presso il Dipartimento di Scienze Sociali e delle Istituzioni dell’Università di Cagliari. Insegna Sociologia e Teorie e Metodi della Ricerca Sociale nei corsi di Scienze Politiche e di Politica Società e Territorio. Ha conseguito il PhD in Sociologia presso l’EcoledesHautesEtudes en SciencesSociales di Parigi, nel 2014 è stata FulbrightDistinguished Chair at the University of Pittsburgh.I suoi interessi di ricerca sono violenza politica, comunicazione politica e media, conflitto Israele e Palestina, costruzione sociale della paura, migrazioni.È membro del board di EuropeanAssociation of IsraliStudies
Marcella Simoni
Insegna Storia di Israele e Palestina e Storia e Istituzioni dell'Asia all'Università Ca' Foscari di Venezia. Ha ottenuto il Ph.D dall’Università di Londra (2004) ed è stata visitingscholar alla BrownUniversity, a Oxford, a Los Angeles, al Centre Français de Recherche de Jérusalem (CRFJ) e all’INALCO. Nel 2010 ha vinto il Premio Alessandro Vaciago per le Scienze Politiche e Sociali dell'Accademia dei Lincei.Marcella Simoni ha pubblicatoA Healthy Nation. Zionist Health Policies in British Palestine (Cafoscarina, 2010) e At the Margins of Conflict.Social Perspectives on Arab and Jews(Cafoscarina, 2010). Con Arturo Marzano ha curato Quaranta anni dopo. Confini, barriere e limiti in Israele e Palestina (1967-2007) (Il Ponte, 2007), e “Roma e Gerusalemme”. Israele nella vita politica e culturale italiana (1949-2009) (ECIG, 2010). E’ stata nel direttivo di SeSaMO (Società per gli Studi sul Medio Oriente, 2008-11) e siede nell’editorialboard di «Quest.Issues in Contemporary Jewish History» e del «Journal of Modern Jewish History».Fa parte dell’Executive Committee della “EuropeanAssociation of IsraelStudies.”
Arturo Marzano
Professore associato di Storia e Istituzioni dell’Asia all’Università di Pisa. Si occupa di storia del sionismo, dello Stato di Israele, del conflitto israelo-palestinese e dei rapporti fra Europa e Medio Oriente. Tra le sue pubblicazioni principali: Una terra per rinascere. Gli ebrei italiani e l’emigrazione in Palestina prima della guerra (1920-1940) (Marietti, 2003); Onde fasciste. La propaganda araba di Radio Bari (1934-43) (Carocci, 2015); Storia dei sionismi. Lo Stato degli ebrei da Herzl a oggi (Carocci, 2017).
Enrico Palumbo
Assegnista di ricerca presso l’Università Iulm di Milano, dove collabora con Guido Formigoni. Dottore di ricerca in Scienze storiche, filologiche e letterarie dell’Europa e del Mediterraneo con Agostino Giovagnoli, all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ateneo presso il quale è anche cultore della materia. Membro della segreteria di redazione della rivista «Ricerche di Storia Politica». Interessi di ricerca: il cattolicesimo sociale, i rapporti ebraico-cristiani nella cultura cattolica, la storia del conflitto israelo-palestinese.